https://www.traditionrolex.com/30 Concetto di possesso e proprietà-Scena Illustrata WEB


Rubrica: SCIENZA E DINTORNI

Concetto di possesso e proprietà

giovedì 1 ottobre 2009

Argomenti: Opinioni, riflessioni

Se focalizziamo l’attenzione sul concetto di possesso profanamente inteso, le considerazioni sono molte, ma ne enucleiamo alcune. Il possesso profano è basato sul concetto di impadronimento di qualcosa, o disimpadronimento per furto o dono.

Questo concetto si applica a qualunque cosa, denaro, oggetti, persone, situazioni, sempre però abbiamo questo concetto che scatta, essere o no padrone di qualcuno o alcunché, che viene o dall’aver preso qualcosa oppure per averla ricevuta in dono, e viceversa; se si aliena il possesso, avviene perché ce l’hanno rubato o perché lo abbiamo donato.

In questo gioco abbiamo varie gradazioni, dall’idraulico che compra un tubo a 5 euro, ci carica il suo lavoro, e fa pagare al cliente 50 euro, al commerciante, che raddoppia il prezzo di base e poi fa lo sconto, al ladro che ruba e basta. Tenendo presente la generalità di questi concetti, bisognerebbe ritrovare in questo vettore un discorso di entropia, il gioco a perdere a monte o a valle del processo. Come possiamo recuperare il gioco dell’entropia ? Se prendiamo l’idraulico che prende centomila dal lavoro e poi ne spende ottanta per la famiglia e venti per divertirsi, apparentemente sembrerebbe un pareggio.

Il problema è che se prendiamo un arco prolungato di tempo dell’attività dell’idraulico, ci accorgiamo che costui, o ha guadagnato un’inezia in più del centomila, ad esempio ha fatto risparmio, oppure almeno un minimo ci è andato a rimettere in quanto ha mantenuto la famiglia, si è divertito, ma non gli è stata pagata la vita.

Questo schema è molto sintetico, sottile. Prendiamo l’individuo che chiude in attivo se ha risparmiato; se però andiamo a miniaturizzare la cosa ci accorgiamo che quei cento mila ce l’ha ma non ce l’ha per cui si ritrova nella stessa situazione di quando lavorava al cento per cento: o li consuma o li reinveste.

Ammesso che dei cento ne goda 50, avremmo che manterrà la famiglia e si divertirà tanto quanto viene dalla rendita del lavoro e dei fondi. È un filo umano.

Se questi due capifamiglia si trovano nella situazione di produrre/consumare ciò che possono, stanno tutti in pareggio con se stessi; profanamente possiedono dieci cappotti, ma non possono che essere padroni di un cappotto man mano che lo portano. In fondo quell’individuo ci va a rimettere sempre qualcosa. Ha la mania dei cappotti? Ne può usare uno, gli altri gli sottraggono soldi per una gratificazione inconscia. Non è proibito straguadagnare, ma è illusorio perché va a determinare una situazione fittizia, non reale.

Se lavoro, straguadagno determinando una plusvalenza. Con questa ricchezza compro fondi che mi rendono. Del capitale e della rendita cosa godo? Quello che posso, il resto lo gode la banca. Io vado a godere quello che posso, ma lo straguadagno mi fa costruire una situazione fittizia tipo “io sono ricco, io sono potente”. Agnelli cos’era? In questa ottica un benefattore della finanza: straguadagnando produce capitale che fa godere a tanti istituti di credito. La Confindustria non esiste, esistono degli uomini che hanno innescato un processo di straguadagno, e non potendo godere tutto hanno costruito una situazione fittizia di uomini ricchi, la Confindustria. E Gesù? Un benefattore della religione, perché costruisce fedeli per il clero, la chiesa cristiana. La stessa cosa vale per il Buddha o qualunque altro. ci si accorge che un grande, piccolo personaggio, quando va oltre la sua situazione vivibile, produce qualcosa di fittizio a beneficio di una struttura esterna che altrimenti non ci sarebbe.

Recuperiamo ora il concetto di proprietà esoterica.

L’ipotesi sarebbe che la proprietà esoterica è basata sul criterio di custodia, scambio. Cioè, io non sono proprietario di niente, posso trovarmi a custodire una o più cose, troppo poche o troppe. Il problema sarà come esercitare questa custodia.

Il problema potrebbe essere diverso, potrebbe crollare tutta una zona di conflittualità perché siamo custodi. Se ho 40 cappotti, ne uso uno e ne ho 39 in custodia. Arriva un ladro che mi vuole rubare un cappotto, chiamo il 113 o glielo regalo. Il problema è: io ne ho uno in custodia, ne vuoi custodire uno te? Fai come ti pare.

Se passo alla custodia, non sono proprietario di niente, non devo regalare niente. C’è da individuare lo stoccaggio di custodia. Se ai cappotti sostituiamo gli affetti, la spiritualità etc., qual è la mia custodia di spiritualità? Custodia e scambio, cioè non vado a rubare né a donare, scambio. Io non sono proprietario mai di niente, non mi regalano niente, faccio degli scambi. Il problema sarà stabilire gli indici reali della custodia.

Se andiamo a vedere, in questo gioco di scambio esoterico o di possesso profano, noi ci andiamo sempre a rimettere o a guadagnare qualcosa perché partiamo da una situazione di non sapere qual è la soglia dello scambio perfetto, quindi saremo sempre sotto o sopra gli indici e accumuleremo debiti o crediti. Bisognerebbe cercare di mettere in salvo ciò che ci permette di proseguire, l’autocoscienza. Quando ci sentiamo buoni o cattivi, dovrebbe scattare un campanello d’allarme su qualcosa che mi appare. Il problema è arrivare a capire qual è il mio stoccaggio. Se il discorso della differenza tra possesso e proprietà la collochiamo in un’ottica di economia che si snocciola su vari livelli, allora vediamo che il problema è ancora più sottile e complicato. Un conto è avere un’idea, fare un ragionamento e ritenere che è nostro, un conto è fare un ragionamento e riconoscere che è della logica.

Non è che io non lascio cadere il bicchiere per evitare che si rompa, ma il discorso di non farlo cadere è proprietà della logica. Un conto è il mio sentimento profondo, e un conto è che mi rendo conto che quel sentimento non è mio ma è l’espressione di una fitness, la spinta alla riproduzione per cui uno ama un altro e fa dei bambini. Io sono il veicolo di quel sentimento, non il proprietario. Posso assumermene o no la custodia, non ritenere di amare o non amare. Qual è la nostra dose di decisionalità in un sentimento? È sintomatico che tra due individui non c’è niente, poi esplode un sentimento, la riproduzione, e poi c’è l’intiepidimento per la custodia dei cuccioli.

Non parliamo poi della proprietà degli istinti, hai la custodia della fame, della sete, del sonno. Così per la spiritualità; sappiamo che scatta quando gli pare, il momento che vuole. Infine, il discorso dello scambio potrebbe essere visto nell’ottica di: scambiare una serie di ragionamenti per enucleare un’affezione, con quella innesco uno scambio di affezioni per enuclearne un’intuizione; con quella innesco uno scambio di intuizioni per enuclearne un’intellezione, con quella innesco uno scambio di intellezioni per enucleare autocoscienza. Il problema è assicurarsi un minimo di scambi che fa enucleare qualche altra cosa.



Diritti di copyright riservati
Articolo non distribuibile su alcun media senza autorizzazione scritta dell'editore

https://www.traditionrolex.com/30https://www.traditionrolex.com/30