Rubrica: LETTURE CONSIGLIATE |
SEAMUS HEANEYTRAVERSARE L’INVERNO ( Wintering out )
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mercoledì 23 ottobre 2019
Argomenti: Recensioni Libri GABRIELE CAPPELLI Editore, 2019 A cura e traduzioni di Marco Sonzogni Prefazione di Leonardo Guzzo Postfazione di Alberto Fraccareta Poesia e trascendenza del bardo d’Irlanda Seamus Heaney (1939-2013), rappresenta limpidamente l’essenza mitica della sua Irlanda, pagana e cattolica, e ne racconta tutta la magmatica concretezza, quella specifica terrestrità fatta paradossalmente di levità, musicalità, profumo di torba, “sovrumani silenzi” e generosa umiltà. È una Irlanda allo stesso tempo rurale e cosmica, isolata e onnipresente quella che il bardo di Mossbawn racconta in questo agile volume del 1972. Sono anni difficili, dove la violenza politica rende cruda la cronaca e faticosa la vita. È dunque poesia concreta, fatta di pesca di sgombri, muretti di confine, fuochi da campo, ma altresì eterea, perché l’autore sa anche descrivere la forma del vento, la tristezza di una croce ingiallita o “lo stato d’animo della pioggia sui tetti”: Heaney trasforma tutti gli elementi terrestri in percorsi emotivi, travolge la natura fisica restituendola a nuove prospettive, arrivando a vette liriche struggenti. Il giovane poeta (al tempo aveva 33 anni) esprime già una maturità stilistica eccezionale, fatta di echi nostalgici ma anche di quella schietta vivacità tipica del suo popolo e di un “femminile” che non è rappresentato solo dalle donne cantate, ma dalla poesia stessa, evocatrice di salvezza e sentiero da attraversare per trovare la pace. Wintering out, un inverno da attraversare, da lasciarsi alle spalle per raggiungere nuovi climi e nuove speranze, secondo la felice scelta traduttiva di Marco Sonzogni, tra i massimi studiosi dell’irlandese. Anche il Cristo, presente velatamente in molte pagine ed esplicitamente in un paio di liriche, viene sollevato dal peso dei chiodi che lo attanagliano alla croce per essere uomo-dio fluttuante, libero da “una gravità che si allenta” “sotto le stigmate della luna”, quando le latitudini evaporano e i confini si confondono. Dal Donegal alla California, Heaney descrive una umanità – la nostra – che in un Venerdì santo si lascia alle spalle l’anfiteatro occidentale, forse troppo inaridito da un cieco razionalismo che toglie il sapore del mistero e la leggerezza per approdare a un simbolismo dell’Oltre ricco di quel conforto donato dalla fiducia. È poesia del riscatto che nasce dalla consapevolezza e non dalla rimozione: dalle “parrocchie omicide”, dove feti malvoluti spariscono per sempre, o da una “vecchia prostituta da lavoro, sangue di schiavo”, che “traversa l’inverno in fondo a un brutto anno” la poesia di Heaney spalanca gli occhi (si pensi alla meravigliosa e struggente “figlio rinnegato”) ma non rende ciechi a causa di visioni insostenibili, non volge la testa altrove per il disgusto: wintering out, attraversare l’inverno vuol dire “prendere le misure alla vita”, proprio come nella traduzione, e non cedere alle crisi personali (Terra di nessuno), o politiche (Tradizioni) ma scorgere quell’”arcobaleno di speranza” capace di indicare la via. Soprattutto quando si vive in un Limbo dove corpi di bambini vengono pescati da un mare che li rigetta, e persino “i palmi di Cristo bruciano e non riescono a pescare”, dentro e oltre l’inverno Heaney scova la presenza di un misterioso amore anche nel più freddo degli abissi, e indica la strada di “un primo rugiadoso sentiero nel pascolo estivo” dove possiamo trovare finalmente un poco di ristoro. Perché “la poesia di Heaney vivifica”. Diritti di copyright riservati |