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Rubrica: CULTURA

Senza dio. Storie di atei e di ateismo (Il Mulino 2015)

E’ possibile un’etica senza Dio?

Uno sguardo attraverso la storia dell’ateismo.
martedì 1 marzo 2016

Argomenti: Letteratura e filosofia
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Argomenti: Etica
Argomenti: Eugenio Lecaldano

Quest’ultimo libro di Eugenio Lecaldano si articola partendo da un convincimento profondo: non solo è falso che senza Dio non può darsi l’etica, ma al contrario soltanto mettendo da parte Dio si può veramente avere una vita morale. Dichiarazione univoca, la quale tuttavia non deve indurre a credere che la tesi sia partigiana o condizionata da un punto di vista fazioso. L’analisi del rapporto ateismo-religione infatti è sviluppata con estrema sobrietà, sostenuta da riflessioni a supporto della precedente premessa solide e sicure: il percorso storico che racconta del difficile legame tra atei e fedeli è sviluppato in maniera imparziale e nitida. Lecaldano giudica essenziale non cadere nella critica di molti atei nei confronti dei credenti di ogni fede, ovvero il fanatismo fondamentalista, ma si prodiga a ricercare, in una società evidentemente complessa, un terreno di confronto costruttivo.

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Eugenio Lecaldano

L’inizio del libro propone le figure di E. Scalfari e di Papa Bergoglio quale paradigma attuale del dialogo tra credenti e non credenti: se non si può parlare di etiche condivise per motivi ontologici, è nondimeno evidente che il confronto sul tema della fede può essere oggi svolto in maniera serena rispetto al tempo in cui l’ateo era irreparabilmente un sovversivo o un essere privo di moralità, e l’uomo di fede, viceversa, un fanatico intransigente. Lo studioso è consapevole tuttavia che al più nobile risultato conseguito non segue una diffusa e capillare accettazione della diversità nella oscura tortuosità della coscienza civile. Il problema della realizzazione dei diritti, per chi non crede in Dio, non è per ora risolto pienamente. In Italia, in particolare, il peso della chiesa cattolica su questioni riguardanti tutta la cittadinanza, attiva e non, è ancora troppo grande per parlare di libertà completa da parte dell’apostata: la distinzione tra religione e morale è essenziale quanto precaria, sia teoricamente sia politicamente.

Centrale è, di conseguenza, il contributo che il fedele e l’ateo apportano concretamente al benessere della propria comunità. Se le statistiche intorno alle società secolarizzate con un ateismo diffuso (Giappone, Finlandia ecc.) ci raccontano anche di una maggiore diffusione di cultura, benessere e diritti, non sempre lo stesso può dirsi degli Stati in cui la fede domina con prepotenza o fatalità. Evitando l’esempio offerto dall’integralismo di alcune realtà politiche medio-orientali, in Occidente la problematicità della fede si riscontra in questioni fondamentali quali bioetica, eutanasia, aborto ecc.

Lecaldano non considera soltanto l’aspetto politico del rapporto, ma ne ricerca le fondamenta storiche e teoretiche. Ben documentata la ricostruzione della distanza, nei secoli precedenti, fra credenti ed atei. Ad ogni Hume, Mill o Nietzsche che demolisce il concetto di Dio e le fallacie conseguenti, ci sono altrettanti critici devoti non solo ad un essere supremo, ma anche a bollare come depravati gli avversari più radicali.

Le risposte laiche della scienza nel dibattito per spiegare il mondo offrono una ulteriore area di ricerca e di contrasto. Biologismo, cognitivismo, evoluzionismo, stigmatizzano, ognuna con la loro peculiare problematicità, una differenza inestinguibile tra chi si confronta con una verità rivelata, e quanti la ricercano faticosamente, giorno per giorno.

Fede non è soltanto rimettersi ad un Dio personale, ma anche credere a un ordine superiore, o ad una armonia intrinseca dell’essere: aspetti non sottovalutati da Lecaldano, ma valorizzati da una serie di riflessioni molto attuali indirizzate alla tesi principale, cioè che una vita senza dio non è una vita tristemente priva di qualcosa, ma piuttosto è la testimonianza di una esistenza che trova possibilità di ricerca e investimenti positivi su tutte le dimensioni significative della natura umana.

Sebbene non si tratti di un manifesto polemico contro la fede, il libro, grazie all’equilibrio dell’esposizione, consolida con efficacia i limiti di una cultura religiosa la quale, nonostante le aperture su alcuni temi degli ultimi decenni, fatica ancora troppo a liberarsi da un inutile e controproducente dogmatismo.



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