Rubrica: SCIENZA E DINTORNI |
![]() Il mito dell’Ouroboro di
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giovedì 17 febbraio 2011
Argomenti: Parapsicologia L’Uroboro (dal greco ’ourá’ ’coda’) è un simbolo molto antico che rappresenta un serpente che si morde la coda, ricreandosi continuamente e formando così un cerchio. È un simbolo associato all’alchimia, allo Gnosticismo e all’Ermetismo. Rappresenta la natura ciclica delle cose, la teoria dell’eterno ritorno, e tutto quello che è rappresentabile attraverso un ciclo che ricomincia dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine. La rappresentazione indubbiamente più antica dell’Ouroboros ricorre su un vaso scoperto a Nippur. Quale serpente celeste, lo troviamo a Babilonia, mentre Macrobio ne attribuisce l’origine ai Fenici. Esso è l’archetipo del ”en to pan”, l’Uno/tutto, come oceano e essere primitivo, che dice di sé “io sono l’alfa e l’omega”. È il serpente primitivo, la figura divina più antica della preistoria. In quanto vivente che ruota attorno a se stesso, esso è il serpente circolare, il drago originario degli inizi che si morde la coda, l’Ouroboros autogenerante.
È un antico simbolo egiziano, di cui è detto: “draco intefecit se ipsum, maritat se ipsum, impraegnat se ipsum”, cioè uccide se stesso, sposa se stesso, feconda se stesso, è uomo e donna, genera e concepisce, divora e partorisce, è attivo e passivo, è sopra e sotto contemporaneamente. Dice il Neuman: “Gli stadi mitologici dello sviluppo della coscienza cominciano con lo stadio in cui l’Io è contenuto nell’inconscio, e conducono ad una situazione in cui l’Io non solo è diventato cosciente della sua posizione e della sostanza, ma anche capace, con la trasformazione determinata dalla propria attività, di estendere la propria esperienza e di relativizzarla… All’inizio c’è la perfezione, la totalità; la perfezione originaria dell’inizio che può venire soltanto circoscritta. Per questo motivo all’inizio troviamo sempre un simbolo, e precisamente un simbolo estremamente polivalente, e chiaramente indeterminato e indeterminabile…”.
Il rotondo è l’uovo, l’uovo cosmico filosofico, il luogo iniziale e germinale da cui, come insegna ovunque l’umanità, sorge il mondo, ed è anche il perfetto che contiene in sé gli opposti, e li contiene in quanto principio, perché questi contrari non si sono ancora separati, e il mondo non ha ancora avuto inizio e fine, perché tali contrari sono di nuovo arrivati ad una sintesi in esso. In pratica, l’umanità ha avuto sin dai primordi, e quindi in epoca non sospetta, cioè non ancora contaminata, la profonda intuizione che l’inizio sia una composizione di opposti, una composizione perfetta, e che per tornare alla perfezione si debba ricomporre gli opposti, il che significa travalicare i ragionamenti contrastanti, i doppi sentimenti, le istintualità conflittuali etc.
Si potrebbe addirittura sostituire detto simbolo con quello dell’ermafrodita. Va ricordato che già Platone poneva all’inizio dell’Essere il “rotondo ermafroditico”. Ma proseguendo, questo perfetto che contiene gli opposti, è appunto perfetto per il fatto che è in sé autarchico; la sua indipendenza da ogni tu e da ogni altro sono segni della sua eternità contenuta in se stessa. Non sfugga come un concetto essenziale come quello dell’uno/tutto giocoforza debba scendere in una rappresentazione immaginifica; di lì a totemizzare e prendere alla lettera detta immagine il passo è breve, quanto inevitabile. Resta il fatto però che intanto è lecito il cammino inverso, cioè chiunque voglia, dall’immagine può risalire all’intellezione, e poi resta il fatto che l’intellezione comunque si è verificata e perdura nell’umanità. Tra le altre cose significa che qualsiasi individuo, volendo, potrebbe risalire all’intellezione essenziale, nonostante tutte le distrazioni e i plagi cui è sottoposto dalla storia e dalla società. Quindi l’Ouroboros è l’immagine più antica in assoluto che l’umanità abbia prodotto per rappresentare la realtà del cosmo, e presumibilmente di se stessa. Come sappiamo, originariamente il pianeta Terra era coperto dal mare, e c’era solo un continente emerso, la famosa Pangea. Poi, a seguito della rotazione dell’asse terrestre, questo continente si è frantumato, ed è iniziata la deriva dei continenti.
Poi, a seguito dell’effetto serra, che c’è dalla preistoria, sono emerse altre terre. Senonché, in Pangea è sorto il protomammifero, i mammiferi, e tra i mammiferi le scimmie, e fra i rami collaterali delle scimmie la specie umana, che parlava un linguaggio unico, donde il famoso asserto “siamo tutti africani”. Con la deriva dei continenti si sono avuti dei satelliti, e con le migrazioni la razza unica originaria ha colonizzato questi altri continenti. Dunque qualunque civiltà è successiva alla matrice originaria. Senonché, le più antiche e reali forme di spiritualità le troviamo nei reperti archeologici di Pangea, e l’immagine dell’ Ouroboros appartiene alla civiltà di Pangea, non è un mito locale di una qualche terra. In quest’ottica, un simbolo che indichi l’origine, rappresenterà tra le altre cose qualcosa che potremmo chiamare la maternalità, cioè la facoltà generativa. A riguardo va ricordato che tale “maternalità” come fattore unico risolutivo della genetica è stata ampiamente ed inequivocabilmente comprovata a livello scientifico. Il teorema della generazione cellulare, per quanto riguarda gli organismi semplici, e il teorema della struttura femminile di base per l’intera umanità, maschi compresi, sono due aspetti fra i più plateali e sostanziali, ove emerge come in pratica tutto parta da un’unica cellula originaria che si moltiplica con sistemi diversi. Per concludere l’argomento sull’Ouroboros, che abbiamo ultra sintetizzato, per progredire nell’auto ed etero conoscenza, non c’è bisogno di tecniche, rituali, talismani, e chi ne ha più ne metta. La struttura dell’essere umano, se è evidentemente frantumata a valle, in pratica è un olomero, come del resto tutto ciò che esiste. Conseguenza pratica, se si vuole, l’autoconoscenza procede nella misura in cui ci si rende spettatori della conoscenza disponibile inferiore, e la si riconduce ad uno schema unico a monte, schema sostanziale, o reale che dir si voglia. In base a ciò, se io mi pongo consapevole di essere consapevole di qualcosa, non posso che innescare il processo auto- ed eteroconoscitivo, dato che la struttura dell’Essere si pone in questi termini. Diritti di copyright riservati |